Esuli

James Joyce

Biblioteca Passigli

a cura di Alessandro Gentili

Anno :2021

Pagine :160

Prezzo :16,50€

ISBN :9788836818488

Tra le prime traduzioni italiane delle opere di James Joyce figura quella di Carlo Linati della sua unica opera teatrale "Exiles", scritta nel 1915, quando Joyce viveva a Trieste, e che ebbe la sua prima assoluta a Monaco di Baviera nel 1919. Solo dopo la pubblicazione di "Ulysses" (1922), che aveva posto Joyce al centro dell’attenzione internazionale, ci furono le prime rappresentazioni di fronte a un pubblico di lingua inglese, a New York nel 1925 e a Londra (assente l’autore, ma con Italo Svevo tra il pubblico, che gliene fece un accurato resoconto) nel 1926. Non si può certo dire che fu un’opera fortunata, anche se un forte risveglio di attenzione si ebbe grazie a Harold Pinter all’inizio degli anni Settanta; e comunque "Esuli" resta centrale nella produzione del grande scrittore irlandese per più ragioni: la prima è che Joyce con il teatro sperimentava, dopo la poesia di "Chamber Music" e la narrativa dei "Dubliners", un altro dei generi che si sarebbero poi mischiati nel grande calderone delle sue opere successive, e basti pensare al lungo episodio di “Circe” nell’"Ulisse", tutto svolto tra dialoghi e didascalie. Ma, oltre a questi aspetti più letterari, "Esuli" costituisce anche una vera e propria messa a fuoco esistenziale; infatti, dietro le fattezze dei personaggi di questo testo intenso e per certi versi ancora sconvolgente, non si possono non ravvisare i tratti di Joyce stesso e della sua compagna Nora Barnacle. Come scrive Alessandro Gentili nel saggio introduttivo che accompagna questa edizione, «"Exiles" è dramma distintamente autobiografico… L’opera, per certo teatrale ma ben leggibile come un racconto lungo o un romanzo breve, indica apertamente alcuni caratteri salienti del Joyce uomo e artista, che affida al dramma l’esplorazione di delicate questioni e argomenti che lo toccano da vicino…». La versione che qui ne riproponiamo è appunto la prima italiana di Carlo Linati, rivista da Giacomo Debenedetti per una successiva edizione. A completamento del nostro volume, abbiamo voluto pubblicare tre lettere “italiane” di Joyce a Linati, relative appunto a "Esuli", e un interessante articolo dello stesso Linati su una sua visita parigina allo scrittore irlandese.

 

«… Quando, verso le cinque, entro nel bel salotto di casa, Joyce, allungato sul divano, è intento a lavorare insieme con un amico inglese. Molti libroni sono sciorinati per terra e sui cuscini. Ci salutiamo, ricordando la nostra buona amicizia di un tempo quando insieme, per corrispondenza, io a Milano e lui a Trieste traducevamo il suo dramma "Exiles". E subito mi colpisce la sua statura, il suo viso chiaro, nobile sulla cui fronte molte rughe stanno tracciate come uno svolazzo di nuvolaglia sopra un bel tramonto. Il timbro della sua voce è giovanile, la sua parola nitida, spiccata, quasi senza inflessioni forastiere. Ma purtroppo su quel viso così armonioso e pieno d’intelligenza due grandi occhiali neri stanno posati a nascondere gli occhi, quei poveri occhi che vedono ormai così poco!
E mentre con la signora e coi figli prendiamo il tè io e Joyce si discorre. “Lavoro molto”, mi dice, “per terminare la terza parte di "Work in Progress" (il lavoro ch’egli ha incominciato già da anni, dopo l’Ulisse). La debbo consegnare all’Editore entro l’Aprile prossimo. Lei conoscerà forse le due prime parti apparse su "This Quarter" e su "Transition"?”. “Le conosco, Joyce, ma le confesso di averle capite poco. È terribilmente difficile comprendere quella sua prosa piena di tante e così strane combinazioni
linguistiche. L’"Ulisse" passi, e poi abbiamo la traduzione francese che ci aiuta. Ma "Work in Progress" è per noi italiani (almeno per ora) un vero rebus”…»
Carlo Linati, Visita a Joyce