Canti d’ombra
e altre poesie
Léopold Sédar Senghor
Passigli Poesia
Il libro:
«Il nome di Léopold Sédar Senghor va iscritto tra quelli che hanno fatto grande la poesia moderna. E se il poeta, a un certo punto della sua vita, si è fatto anche uomo di Stato, alla base di questa sua scelta stanno le intuizioni della b bruciante stagione freatiche che, con un’infinita serie di rimandi tra Europa e Africa, prese il nome di ‘négritude’.
La ‘négritude’ – definitasi negli anni Venti e Trenta a fianco del surrealismo – covò le sue braci sotto il fuoco e le ceneri della seconda guerra mondiale: tra quel 1939, quando la rivista Volontà dedicò un intero numero al poemetto di un giovane negro della Martinica – Césaire – e quel 1945 in cui vide la luce la prima raccolta di versi di Senghor, Chants d’ombre. Entrambi di pelle nera, entrambi scrittori di lingua francese, Césaire e Senghor – anche amici, nella vita – hanno rappresentato le due anime della ‘négritude’. Il martinicano tornava, con uno slancio di partecipazione fisica ed emotiva, al continente dal quale erano stati strappati, come schiavi, i suoi progenitori. Il senegalese proveniva dal cuore dell’Africa nera, portando con sé le immagini di cui s’era nutrita la sua infanzia…»
dalla prefazione di Franco De Poli
L'autore:
Nato a Joal presso Dakar, in Senegal, nel 1906 e scomparso nel 2001, Léopold Sédar Senghor ha vissuto a lungo a Parigi, docente all’università per la Francia d’Oltremare. Nel 1960 è stato eletto presidente del Senegal.
Ha dedicato allo studio della politica e della cultura africana una serie di importanti saggi, fra i quali Liberté I e II, Négritude et Humanisme, Nation et voie africane du socialisme. Ha inoltre curato una fondamentale Antologie de la nouvelle poésie nègre e malgache (1948). Fra le raccolte poetiche: Hosties noires, Éthiopiques, Chants pour Naëtt, Nocturnes.
Il brano:
«E il mio cuore di nuovo sul gradino di pietra, sotto l’alto portone d’onore.
E trasaliscono le ceneri tiepide dell’Uomo dagli occhi di folgore, mio padre.
Sulla mia fame, la polvere di sedici anni errabondi, e l’inquietudine di tutte le strade d’Europa
e il rumore delle grandi città; e le città battute dalle onde di mille passioni nella mia testa.
Il mio cuore è rimasto puro come il Vento dell’Est nel mese di Marzo.»
da Il ritorno del figliol prodigo