Diario di un uomo superfluo
Ivan Turgenev
Le Occasioni
Appena trentenne, Čulkaturin avverte che la sua fine è vicina e decide di ripercorrere in un diario la sua vita: l’infanzia infelice, i genitori, l’amore non ricambiato per la graziosa Liza. Soprattutto, sente nella propria superfluità la vera cifra della sua esistenza…
Piccolo gioiello narrativo, con il "Diario di un uomo superfluo" (1850) Turgenev ci offre un’originale, personalissima variazione su un tipo di personaggio che tanta fortuna avrà nella letteratura russa dell’Ottocento – basti pensare, per fare un solo esempio, all’"Oblomov" di Gončarov (1859) – e che diventerà, con gli aggiornamenti del caso, uno dei tipi più esemplari della letteratura novecentesca, come, da noi, nelle opere di Svevo e Pirandello.
Tra i massimi narratori russi, Ivan Turgenev (Orël, 1818 – Bougival, 1883) fu forse il più “europeo”: dopo gli studi di letteratura russa e di filologia all’università di Mosca e, poi, di San Pietroburgo, completò la sua formazione accademica all’università di Berlino. Soprattutto negli ultimi anni di vita, visse soprattutto tra Baden Baden e Parigi, spesso al seguito di Pauline Garcia-Viardot, la cantante e pianista francese, sorella di Maria Malibran, con cui ebbe un rapporto strettissimo (le rispettive residenze di campagna, a Bougival, furono edificate sullo stesso terreno). Tra i suoi romanzi più celebri, ricordiamo: "Memorie di un cacciatore" (1852), "Rudin" (1857), "Un nido di nobili" (1859), "Padri e figli" (1862).