Le perdute tracce degli dei

Alessandro Defilippi

Passigli Narrativa

Anno :2008

Pagine :272

Prezzo :18,50€

ISBN :1115-1


I lettori che hanno apprezzato l’ultimo romanzo di Alessandro Defilippi, Angeli, da noi pubblicato, sono rimasti affascinati dal personaggio di padre Ferraris, gesuita torinese dal passato doloroso e in contatto con realtà misteriose. In Angeli padre Ferraris, di ritorno dall’Africa Orientale al tempo della conquista italiana, si presenta gravato di esperienze inenarrabili. Le perdute tracce degli dei è il romanzo di quelle esperienze. Ambientato nell’Abissinia dei primi anni della conquista italiana, il romanzo mette in scena non solo il clima della dominazione fascista – la volgarità degli occupanti, la composita, variegata società dei dominatori italiani che popola Addis Abeba, le resistenze della popolazione locale, spesso legate a millenarie tradizioni e religioni– ma anche il misterioso retroterra culturale e religioso di un paese poco conosciuto che i rozzi dominatori, giudicandolo semplicemente barbarie, non riescono ad afferrare. Ne Le perdute tracce degli dei Alessandro Defilippi riesce a coniugare con maestria il romanzo storico con il romanzo fantastico, offrendo al lettore un singolare mix di storia, ricostruzione storica di ambienti singolari e di immaginario.
L'autore:
Alessandro Defilippi, psicoanalista torinese e collaboratore del supplemento letterario Tuttolibri de «La Stampa» ha pubblicato con Sellerio la raccolta di racconti Una lunga consuetudine e con la Passigli Editori i romanzi Locus Animae (i cui diritti cinematografici sono stati acquistati dal regista Pupi Avati e che recentemente è stato pubblicato su nostra licenza nei Gialli Mondadori) e Angeli. Da qualche tempo si dedica anche alla scrittura cinematografica e ha collaborato tra l’altro alla sceneggiatura di Prendimi l’anima di Roberto Faenza.
«Questo scrittore, che è anche psicoanalista, e che ho avuto occasione di avere al mio fianco nell’ideazione del mio film Prendimi l’anima, ha un’autentica vocazione al fantastico e all’immaginario.»

Roberto Faenza.