Sonetti
Luis de Góngora
Passigli Poesia
Il libro:
Dopo le traduzioni di Trakl e da Yeats, riproponiamo in questa stessa collana un’altra antologia curata da Leone Traverso, quella dei Sonetti di Góngora, apparsa per la prima volta a Milano nel 1948, presso l’editore Enrico Cederna.
Questo contatto con la Spagna non è occasionale nell’opera di Traverso: ricordiamo infatti la sua collaborazione al volume del Teatro spagnolo curato da Elio Vittoriani per l’editore Bompiani, con le traduzioni di Olmedilla e di Moratín, e all’altro volume gemello dei Narratori spagnoli curato da Carlo Bo per lo stesso editore, con la traduzione della deliziosa Sonata de primavera di Ramón del Valle-Inclán. A queste traduzioni vanno poi aggiunte quelle da Villanova e da Jiménez apparse nell’antologia Poesia moderna straniera, edita da Prospettive nel 1942.
Oreste Macrí, nell’introduzione a questa nostra edizione, ricorda i ‘primi passi’ di queste traduzioni da Góngora («Tra Parma, dove mi ero trasferito nel ’42, e Firenze, dall’ottobre del ’47 al marzo del ’48 partecipai alla ultima elaborazione di questi sonetti, ma proponendo sempre a lavoro compiuto») e le discussioni con Traverso, al quale rimproverava in una lettera di non essersi sempre distaccato dal testo «fidandoti di una critica filologica immanente alla sola lettura-traduzione». Ma aggiungendo subito: «Comunque, in complesso la tua versione riceve il mio plauso festante; e alcuni sonetti son resi perfettamente… Spero, quando uscirà il volume, di esemplificare sulle tue versioni e la tua scelta una lettura critica di Góngora, una specie di guida al gongorismo».
A distanza di quasi cinquant’anni Macrí ha ripreso quell’impegno con l’amico scomparso, ricostruendo nelle note ai sonetti temi e modi del petrarchismo di Góngora, e dandoci allo stesso tempo un saggio esemplare sulla poetica della traduzione di quella «Terza generazione» che «poneva quale genere superiore l'antologia (di persone poetiche) includente la prefazione e la versione metrica.
In appendice al volume, «non certo per spirito di gara, ma come testimonio d’aura e contagio generazionali circa quella nostra mania (in ogni senso) della traduzione quale genere autonomo», tre sonetti di Góngora tradotti dallo stesso Macrí e tre tradotti da Gabriele Mucchi.
Il brano:
«Al tramonto del sole la mia diva
depredando di fiori il verde piano,
quanti coglieva la leggiadra mano,
tanti il candido piede rifioriva.
Correndo il vento le agitava in onde
le chiome d’oro con gentili errori,
come nel rosseggiare degli albori
svariano a verde tremolo le fronde…»