Tutti i miei peccati

Francesco Jovine

Passigli Narrativa

Anno :2023

Pagine :184

Prezzo :17,50€

ISBN :9788836820337

Apparentemente lontani dalle opere più frequentate di Francesco Jovine, che indagano in particolare il mondo contadino dell’epoca partendo da quel microcosmo molisano in cui lo stesso scrittore era cresciuto, i due racconti che fanno parte di questo volume, pubblicati per la prima volta nel 1948, allargano la visuale alla frastornante realtà della Capitale. Così, in "Tutti i miei peccati", il racconto che dà il titolo al volume, Nicoletta Rostagno, giovane donna “sedotta e abbandonata”, si confessa a un prete per mezzo di una lunga lettera che scava nelle profondità di una psicologia intrisa di un dolente narcisismo; mentre nel secondo racconto, "Uno che si salva", il giovane maestro Siro Baghini, recatosi a Roma per laurearsi e per “vivere”, vede giorno dopo giorno le sue speranze sgretolarsi, perduto fra le attenzioni delle donne della famiglia che lo ospita e il gioco d’azzardo.
Ancora una volta, Jovine si conferma narratore di estrema finezza; e la distanza dalle opere più note è solo apparente, perché anche la provincia in Jovine, come ha scritto Arnaldo Bocelli, era soprattutto «metafora o mito di una condizione umana» che ritroviamo anche qui, tra questi disillusi protagonisti.

 

Di origine contadina, Francesco Jovine (Guardialfiera, Campobasso, 1902 – Roma, 1950) si interessò molto precocemente alla letteratura, tanto che, abbandonati gli studi tecnici, prese a frequentare la scuola magistrale, trasferendosi poi a Roma per conseguire la laurea. Divenuto direttore didattico, curò le rubriche letterarie di «Italianissima» e de «I diritti della scuola», schierandosi a favore del realismo in letteratura e contro l’ancora imperante dannunzianesimo. Del 1934 è il suo romanzo d’esordio, "Un uomo provvisorio", subito censurato dal regime fascista con l’accusa di “disfattismo”, seguito a distanza di tre anni da "Ragazza sola". Ma già in quel 1937 decise di allontanarsi dall’Italia mussoliniana, accettando un incarico di insegnante prima a Tunisi e poi al Cairo. Rientrato in Italia nel 1940, iniziò a collaborare con riviste e quotidiani, anche con articoli sul suo Molise, che vennero poi raccolti postumi. Del 1942 è uno dei suoi capolavori, il romanzo "Signora Ava". Dopo la caduta del fascismo, aderì alla Resistenza, e alla fine della guerra iniziò a collaborare con «l’Unità», «Vie Nuove» e «Rinascita». Morì improvvisamente nel 1950, stroncato da una crisi cardiaca che gli impedì di vedere l’uscita di quello che oggi è il suo romanzo più famoso, "Le terre del Sacramento", apparso pochi giorni dopo la sua morte e vincitore del Premio Viareggio.