L’impero in provincia

Cronache italiane dei tempi moderni

Francesco Jovine

Passigli Narrativa

Anno :2024

Pagine :136

Prezzo :14,50€

ISBN :9788836820603

Pubblicato nel 1945, a ridosso della fine della guerra, "L’impero in provincia" è una raccolta di sei racconti in cui Francesco Jovine, con grande maestria, affianca al consueto realismo una sferzante satira del regime fascista, che con la sua violenza e la sua illusoria propaganda di un “impero italiano” era stato tra i principali responsabili delle orrende ferite che ancora laceravano il paese. Nei racconti, fra loro intrecciati fino a formare una sorta di grande affresco del mondo contadino dagli esordi del fascismo alla Liberazione, vediamo sfilare un’intera galleria di personaggi: ecco allora il gruppo di camicie nere che si organizza ("La vigilia") e va alla disperata ricerca di un qualunque catafalco cui rendere omaggio secondo le direttive del Partito ("Il monumento storico"); e il barbiere-soldato che si lascia convincere ad arruolarsi per la guerra di Spagna con l’illusione di facili guadagni per poi tornare con un braccio in meno e un figlio in più, nato in sua assenza ("Michele a Guadalajara"); e ancora la vecchia contadina che, dalle fronde di un albero, ingaggia una strenua lotta con chi cerca di sottrarle il suo maiale, unico tesoro che le è rimasto dopo il celebrato dono dell’“oro alla patria” ("Martina sull’albero"). Il tratto comune con le opere precedenti è l’emarginazione di un mondo – il suo Molise – e della sua gente, che sta all’origine dell’atavica diffidenza verso uno Stato che, dopo aver abbandonato un intero popolo all’efferata violenza dell’occupazione tedesca ("La casa delle tre vedove"), si prepara ora di nuovo a imporre la propria presenza con l’estraneità delle sue leggi: «Ritorna la legge […] a che serve la legge? Ecco tu zappi e mangi e viene Cialanga dalla Puglia e ti porta il vino e bevi. Invece arriva la legge e ti spoglia…» ("La rivolta").

 

Di origine contadina, Francesco Jovine (Guardialfiera, Campobasso, 1902 – Roma, 1950) si interessò molto precocemente alla letteratura, tanto che, abbandonati gli studi tecnici, prese a frequentare la scuola magistrale, trasferendosi poi a Roma per conseguire la laurea. Divenuto direttore didattico, curò le rubriche letterarie di «Italianissima» e de «I diritti della scuola», schierandosi a favore del realismo in letteratura e contro l’ancora imperante dannunzianesimo. Del 1934 è il suo romanzo d’esordio, "Un uomo provvisorio", subito censurato dal regime fascista con l’accusa di “disfattismo”, seguito a distanza di tre anni da "Ragazza sola". Ma già in quel 1937 decise di allontanarsi dall’Italia mussoliniana, accettando un incarico di insegnante prima a Tunisi e poi al Cairo. Rientrato in Italia nel 1940, iniziò a collaborare con riviste e quotidiani, anche con articoli sul suo Molise, che vennero poi raccolti postumi. Del 1942 è uno dei suoi capolavori, il romanzo "Signora Ava". Dopo la caduta del fascismo, aderì alla Resistenza, e alla fine della guerra iniziò a collaborare con «l’Unità», «Vie Nuove» e «Rinascita». Morì improvvisamente nel 1950, stroncato da una crisi cardiaca che gli impedì di vedere l’uscita di quello che oggi è il suo romanzo più famoso, "Le terre del Sacramento", apparso pochi giorni dopo la sua morte e vincitore del Premio Viareggio. In questa stessa collana, sono già stati pubblicati i due lunghi racconti compresi nel volume "Tutti i miei peccati" (1948).