Curreri, Volevo scrivere un’altra cosa – vibrisse, bollettino di letture e scritture, 9 luglio 2019, di Luigi Preziosi

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Il libro è ben diverso dall’ultima produzione letteraria in senso stretto dell’autore […]. Qui, invece, Curreri maneggia da par suo lo strumento del paradosso, inventando storie che da un’apparenza di normalità trascorrono presto a costituire lacerti di universi paralleli, forse sogni, a volte incubi: anche solo il dubbio circa la loro effettiva esistenza induce però a sospettare che la realtà possa anche, chissà come e chissà quando, essere altra da quella che si riesce a raccontare.
[…] Producendosi di volta in volta in raffinati esercizi di stile, Curreri prende sì a prestito le voci di altri autori, ma lo fa con discrezione, senza ostentati effetti mimetici, quasi sfidando il lettore a riconoscere nel testo, oltre all’epigrafe, tracce dell’autore dedicatario. Trascorre così dal poliziesco “filosofico”, sotto lo sguardo benevolo di Dürrenmatt, al racconto ecologico – montano che piacerebbe a Rigoni Stern, al noir surreale con debiti forse reperibili in qualche racconto di Levi, fino al sommesso svelamento di sé, certo non elegiaco, ma piuttosto percorso dal dubbio indotto dalla sapiente commistione tra surreale e paradosso, che sorregge l’apparente autobiografismo di “Il furto impossibile”.

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