James Joyce

Italo Svevo

Biblioteca Passigli

a cura di A. Gentili

Anno :2020

Pagine :144

Prezzo :16,50€

ISBN :9788836817733

Quella tra James Joyce e Italo Svevo è stata una grande amicizia letteraria e non solo. Com’è noto, lo scrittore irlandese risiedette a lungo a Trieste dove arrivò nel 1904 e dove conobbe Italo Svevo, più vecchio di lui di una ventina d’anni, autore già a quell’epoca dei suoi due primi romanzi, "Una vita" e "Senilità", passati praticamente inosservati. Quanto a Joyce, era ancora un giovanissimo scrittore in fieri, e proprio a Trieste concluse il suo esordio poetico "Musica da camera" (1907), il suo libro di racconti "Gente di Dublino" (pubblicato poi nel 1914, dopo quindici rifiuti da parte di altrettante case editrici) e il suo romanzo "Ritratto dell’artista da giovane" (1916). Italo Svevo si rese subito conto di avere davanti a sé uno scrittore eccezionale, e d’altro canto Joyce seppe immediatamente vedere in Svevo il grande scrittore «negletto » che proprio in quegli anni cominciava, in particolare anche grazie ad Eugenio Montale, a riscuotere un’attenzione che per decenni gli era stata negata. Furono poi soprattutto l’"Ulisse" (pubblicato a Parigi nel 1922) e "La coscienza di Zeno" (1923) a consolidare ulteriormente l’amicizia tra i due: sarà Joyce stesso a promuovere il capolavoro di Svevo presso alcuni dei maggiori critici francesi, mentre Svevo sarà tra i primi, in Italia e non solo, ad esaltare e a cogliere tutta l’importanza e tutta l’originalità del grande romanzo di Joyce, «perché una sola linea di una pagina dell’"Ulisse" basterebbe a rivelare da quale penna fluì».
Proprio l’"Ulisse" è al centro della conferenza che Svevo dedicò a Joyce al circolo de «Il Convegno» l’8 marzo 1927 e che – dopo il fondamentale saggio introduttivo di Alessandro Gentili – apre questa nostra raccolta di scritti sveviani dedicati al grande scrittore irlandese: tra ricordo autobiografico e analisi delle opere (tra le quali fanno già capolino i primi abbozzi del "Finnegans Wake"), Svevo traccia una sua ammirata lettura del “fenomeno” Joyce, non rinunciando mai a quel suo tono ironico e disincantato che i suoi lettori conoscono bene. Ma anche altri scritti completano il nostro volume, e in particolare due importanti frammenti di uno studio su Joyce che doveva approfondire e ampliare i contenuti della conferenza, rimasto poi incompiuto, nonché un interessante articolo sulla "Triestinità" di James Joyce apparso su «Il Piccolo di Trieste» il 1°maggio 1926. Né poteva mancare l’intero scambio di lettere tra questi due grandi protagonisti, grazie alle quali il lettore potrà imbattersi nell’inglese di Svevo e nell’italiano, e persino nel colorato triestino, di James Joyce.

Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz, o per essere più precisi di Aron Hector Schmitz, 1861-1928), di famiglia ebrea di origine tedesca, solo negli ultimi suoi anni di vita – conclusasi tragicamente a causa di un incidente stradale – riscosse quell’attenzione critica che lo avrebbe via via consacrato come uno degli scrittori fondamentali del Novecento italiano ed europeo. Oltre ai suoi tre grandi romanzi – "Una vita" (1892), "Senilità" (1898) e "La coscienza di Zeno" (1923) – ha lasciato una ricca produzione letteraria, nella quale spiccano i due lunghi racconti "Una burla riuscita" e "Corto viaggio sentimentale", che da tempo fanno parte anche del nostro catalogo; di notevole interesse anche la raccolta dei suoi scritti intorno al tema del fumo, da noi pubblicata con il titolo "Del piacere e del vizio di fumare". L’incontro e l’amicizia con James Joyce fu certamente per lui determinante, contribuendo non poco ad aprirgli le porte di un mondo letterario che fino ad allora gli era parso lontano e persino ostile; ma fu importantissimo anche per lo stesso Joyce, il cui destino letterario, ma anche esistenziale di “esule”, ebbe in Trieste la sua tappa più importante prima del suo approdo a Parigi, la città che ne avrebbe consacrato la fama internazionale con la pubblicazione del suo capolavoro "Ulysses" (1922), proprio nell’anno della scomparsa di un altro dei grandi protagonisti dell’epoca, Marcel Proust. Folgorante l’aneddoto che Svevo racconta dell’incontro tra Joyce e Proust:

«Da noi si sente sempre citare il Joyce accanto al Proust. Vorrei separarli definitivamente. È un compito abbastanza facile. Nella vita s’incontrarono una sola volta. Una notte il Proust, già tanto sofferente, si risolse ad uscire da quella sua casa, dalle finestre ingessate dei Champs Elysées probabilmente costrettovi dal bisogno di un’inchiesta per poter finire qualche sua frase e qualche suo inciso su qualche avvenimento reale. Fece la conoscenza del Joyce e, distratto dal proprio bisogno, subito gli domandò: “Conosce Lei la principessa X?”. “No” rispose il Joyce. E il Proust: “Conosce Lei la principessa Y?”. “No” rispose il Joyce “né me ne importa affatto”. Si separarono e non si rividero più».