«Provocare il piacere di essere letta». La poesia secondo Passigli

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Intervista sulla poesia a Fabrizio Dall’Aglio. Il Giornale della Libreria, 12 luglio 2017.

di Alessandra Rotondo

Con Fabrizio Dall’Aglio, editor di poesia, abbiamo deciso di approfondire l’offerta poetica di Passigli, tra i capisaldi del Novecento che ospita e le prospettive coltivate sull’evoluzione e la consistenza di un «linguaggio artistico» da tutelare.

 

Una collana di poesia fondata da Mario Luzi e dedicata ai grandi poeti stranieri del Novecento, Opere di Neruda e Opere di Pessoa, lampi poetici anche ne Le Occasioni. Come nasce e come si articola l’offerta poetica della casa editrice?

L’idea iniziale della nostra collana, fondata nel 1989, era di rilanciare la grande poesia del primo Novecento; Mario Luzi, poi, voleva anche che la collana si aprisse a voci poetiche italiane non ancora sufficientemente rappresentate.
Negli anni il nostro sforzo è stato soprattutto in queste due direzioni, da un lato autori come Neruda, Pessoa, Lorca, Rilke, Kavafis, Salinas, Eluard, Majakovskij… dall’altro la proposta di nuovi libri di poesia italiana, partendo naturalmente dai poeti che Luzi via via ci segnalava.
Anche all’inizio non mancavano importanti voci straniere più contemporanee, come lo svedese Lars Forssell e l’americano James Dickey, ma queste inserzioni restavano alquanto sporadiche, così che negli ultimi tempi abbiamo soprattutto tentato di riequilibrare un po’ questa presenza, con opere di poeti come Claudio Rodríguez, Andrés Sanchez Robayna, Rita Dove, Laureano Albán, Clara Janés, Adonis…
Senza peraltro dimenticare una sezione autonoma di poesia russa contemporanea, diretta da Alessandro Niero, che è ormai giunta al quarto titolo, con autori come Sluckij, Stratanovskij, Krivulin e Gandlevskij. Pensiamo infatti sia fondamentale, oggi più che mai, aprirsi alle esperienze degli altri Paesi, non solo perché è sempre un bene che la cultura non abbia frontiere, ma anche e proprio in direzione di una migliore comprensione di quello che è effettivamente la poesia, un genere che, a dispetto delle apparenze, sconta una diffusissima ignoranza.

 

Una diffusissima ignoranza che motiva, almeno in parte, le esigue dimensioni del mercato di settore, oggi. Eppure negli ultimi anni la poesia ha mostrato andamenti meno negativi della media. Anche, forse, grazie ai nuovi canali di comunicazione e promozione percorsi da autori ed editori.

Occorre distinguere. Da un punto di vista editoriale, la poesia si vendeva poco anche nel Novecento, anche nel caso dei poeti più grandi. Tuttavia la figura del poeta restava centrale nel panorama culturale, cosa che da tempo non è più; basta vedere lo spazio che le è riservato dai giornali, o dagli altri media.
D’altra parte, un tempo i poeti riconosciuti più grandi erano i primi a cui veniva chiesta una testimonianza; oggi sono stati sostituiti da chi è ben più popolare di loro, pare non importare più a nessuno che quella popolarità corrisponda o meno a una qualche autorità culturale, il maïtre-à-penser è stato sostituito dal prêt-à-penser, che magari pensa poco, ma è pronto a tutti gli usi.
Comunque sia, per un editore come noi, la poesia ha sempre avuto importanza, ma ci obbliga ogni volta a fare salti mortali per poter far quadrare i conti; se fosse solo per le vendite in libreria di questi libri, e nonostante lo sforzo di non pochi librai, la situazione sarebbe assai sconfortante, sono pochissimi i poeti che hanno un mercato un po’ meno limitato: tra i nostri, Neruda, certamente, ma pochissimi altri. E il rischio per un editore è quello di finire per pubblicare solo quegli autori già ben conosciuti e tali da raggiungere un pubblico di lettori un po’ più vasto.
Per quanto riguarda i social network, la poesia si presta anche come genere, certamente, e in un certo modo forse possono contribuire a un risveglio di attenzione; ma va pure detto che molto del mondo di Internet è autoreferenziale e spesso il rischio è quello di un pot-pourri generalizzato che non sa distinguere nulla da nulla. Resta il problema di sempre: quanti oggi leggono davvero poesia? E quanti tra questi sono disposti a comprare libri di poesia? E sinceramente ho seri dubbi che le cose stiano meglio ora di prima.

 

Dove guarda la poesia contemporanea, italiana e straniera? Il conferimento del premio Nobel a Bob Dylan segna il cammino?

Se devo dare una risposta a titolo personale, ritengo che proprio il Nobel di letteratura a Bob Dylan sia un ulteriore segno dell’ignoranza di cui dicevo prima. Non perché Bob Dylan non sia un grandissimo autore di splendide canzoni, ma perché ancora una volta si afferma l’idea di quel marasma culturale in cui tutto è uguale a tutto. È probabile, anzi è certo, che l’influenza culturale di Bob Dylan sulla nostra società sia maggiore di quella che ha avuto, poniamo, Brodskij, o persino Beckett, ma questo cosa c’entra? E perché allo stesso modo non dare un premio Nobel per la letteratura a Ingmar Bergman o a Federico Fellini o a Werner Herzog? Un premio Nobel destinato alla letteratura è appunto la letteratura che dovrebbe esaltare: anche e proprio oggi che la letteratura, e soprattutto la grande letteratura, si sta marginalizzando sempre di più.
Quanto alle tendenze della poesia contemporanea, sono molto diverse a seconda dei diversi Paesi, non credo si possa fare un discorso generale; la poesia ha a che fare con la lingua in maniera sostanziale, e la lingua non è un semplice contenitore che si può spostare a nostro piacimento, i traduttori lo sanno bene. Naturalmente, ossequiare gli imperi dominanti è sempre stato di moda. Ma anche se volessimo limitarci all’Italia, parlare di tendenze secondo me non ha molto senso, ce ne sono tante e probabilmente troppe. Quello che io continuo ad augurarmi è che i poeti maturino una consapevolezza sempre maggiore su cosa una poesia deve essere, bello o brutto che sia poi il risultato: e cioè una forma artistica della lingua che, come tale, sa provocare il piacere di essere letta. E non solo dal suo autore.