Il gemello sulle nuvole: le prime poesie di Boris Pasternak

Oggi vogliamo raccontarvi una storia affascinante, quella di Boris Pasternak e del suo primo libro di poesie, “Il gemello sulle nuvole”, pubblicato nel 1914. Questo libro segna il suo ingresso nel mondo della poesia del Novecento, ispirato dal futurismo russo e dall’influenza di Vladimir Majakovskij, che come Pasternak stesso ricorda: “Io l’adoravo. E lui impersonava per me il mio orizzonte spirituale”.

Pasternak aveva scritto dei versi già prima del 1914, ma fu nell’estate di quell’anno, trascorsa nella dacia di Molodi, nei dintorni di Mosca, che il ventitreenne – filosofo riluttante e compositore pentito – compose il nucleo centrale delle liriche che sarebbero poi confluite in “Il gemello sulle nuvole”.

Il titolo certo attira subito la nostra attenzione, e nelle stesse intenzioni del poeta-scrittore rimanda alla costellazione zodiacale dei Gemelli, capace di generare paradigmi di binarietà e rispecchiamento, ma anche a un elemento meteorologico, cruciale nella sua poetica più matura.

Fin dall’inizio, la sua poesia si distingue per il suo sperimentalismo linguistico dando così inizio – come avverta Paola Ferretti nell’introduzione a questa prima traduzione italiana a cura di Passigli – a un viaggio sulle montagne russe della lingua, tra metonimie sorprendenti e plurali inaspettati.

Pasternak cerca una sua irripetibile strada artistica, e lo fa trasformando il poeta in demiurgo, quale riflesso del suo spirito e della sua carne. E intessendo un profondo legame con la natura, tanto che la poetessa Marina Cvetaeva disse di lui: “Pasternak… albero si sente”.

Quindici anni dopo, nel 1928, Pasternak rivisitò queste sue prime poesie, apportando alcune modifiche anche drastiche (nella nostra edizione troverete anche queste versioni rinnovate, con l’originale russo e note dettagliate che spiegano il lavoro di revisione del poeta). Elimina dieci liriche, rimaneggia le restanti undici per renderle più intelligibili e in linea con il suo nuovo sentire, condizionato dal contesto post-rivoluzionario. Modifica strofe, emistichi e metafore per creare una poesia più accessibile e meno influenzata dal futurismo.

Se la riscrittura non sorprende, visto il bisogno di Pasternak di rinnegare per rinascere, inestimabile allora diventa per tutti il valore di questa versione del ‘14.

Siete pronti per scoprire o riscoprire la poesia di Boris Pasternak?

 

Le prime poesie di Boris Pasternak

Quando oltre il labirinto della lira
fisseranno l’occhio i poeti,
a manca l’Indo lambirà la creta,
a dritta sguscerà l’Eufrate.

Un Eden impensabile dardeggia
nei giorni d’ambra del vino,
e di inimmaginabile esistenza
vanno affilandosi le ere.

Oltrepassato lo squallore d’ombra,
saranno gli angeli a issarle.
La terra è la cintura di un calzare,
e Adamo è nuovamente scalzo.

E lacuna di morte labbra è il sole,
è neve di vive reliquie
di colui che le notti presolari
dell’universo intero vigila.

Tu appronta l’intuito al portento,
all’arcano dei giorni primevi:
fumiga Amore come una frontiera
fra terra e mistero frapposta.

***

L’autunno in sogno, nel crepuscolo dei vetri,
tu che in una bolgia straziante ti perdevi.
Ma, come un falco che dal cielo fiuti il sangue,
calava il cuore, e ti precipitava in mano.

Se rammento quel sogno li rivedo, i vetri
col pianto insanguinato, settembrino;
tra ciarle di ospiti, il soggiorno inespugnabile
come il maltempo nel deserto si spegneva.

Struggeva il giorno e la sua friabile slavina,
il raso dei sedili stinti struggeva;
fosti la prima tu a tacere, amore,
e il sogno stesso dopo te ammutolì.

E – ridestarsi. Il giorno d’autunno è scuro,
nocchiero di chimere sperse è il vento.
Traccia di paglie cadute dietro al sogno,
la fuga di betulle ormai alle spalle.

Ma mentre remo, allontanandomi, nel Lete,
io, figliol prodigo, riguardo contristato
e col sibilo ondivago delle paludi
sentieri pari a steli negletti rastrello.

 

Gemelli

Cuori e satelliti, noi assideriamo –
gemelli chiusi in celle solitarie.
Per quali trecce io, ardente Acquario,
steso lassù come una stella, gelo?

Intorno, il fido caos degli altri amanti,
sulla dormiente sta una sentinella inerte.
I veli tuoi – gualcio broccato – i miraggi
delle costellazioni non squarceranno.

La terra della tua dormizione non è tolta
dai pilastri innalzati sul sogno,
e quel Gemello assiderato confina,
Castore protettore, col tuo strazio.

Mi guardo indietro. Il corpo suo di luna
oltre le fucsie in sonno ai vetri ha sparso
il Gemello. La notte che su Polluce gravita,
e sui manipoli a guardia – è la stessa?

Raggi – sotto di lui. Come un bulino splende
la sua corazza, e lui flotta, sfiora i sogni col piede.
Ma dove è il corpo che tu opprimi e scacci,
opprimi e incurvi, per l’altezza gemendo?

 

Stazione

Stazione, cassaforte ignifuga
dei miei congedi, dei miei incontri,
fedele, navigata narratrice,
affranto boccaporto del confine.

A volte, agganciata la riserva,
sta tutta nella sciarpa la mia vita;
e al passo con le arpie a vapore
il nervo in amore si dilania.

A volte, postumo si affumica
l’orizzonte delle sue partenze,
profili di romani certo latitano,
ma non è indigeno il beau monde di qui.

A volte, l’Occidente si dischiude
nelle manovre di maltempi e rotaie,
e – mortuum caput – nella cenere,
alata, la stazione prende il volo.

Le tubature chinano le fiaccole
dinanzi a nuvole di messe funebri.
Chi altri è mai, se non un angelo,
l’espresso che la terra lascia?

E io me ne rimango a riscaldarmi
– la capitale vuota in delirio –
mentre con l’ovvio di un binario, un tratto
in due metà divide due universi.

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Il libro

Passigli Poesia

Boris Pasternak

Il gemello sulle nuvole

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