La voce a te dovuta:
Pedro Salinas e l’amore per Katherine

Chi era Katherine R. Whitmore? 

Nata in Kansas nel 1897,  Katherine Prue Reding si laureò prima in lingua e letteratura spagnola alla University of Kansas, poi conseguì il suo dottorato a Berkeley. Nel 1932 decise però di trascorrere l’estate e l’anno accademico, tra il 1934 e il 1935, a Madrid, dove incontrò il poeta Pedro Salinas

E lui si innamorò di lei

Da questa relazione, vissuta prevalentemente attraverso un intenso scambio epistolare, prese forma il libro di poesie d’amore La voz a ti debida La voce a te dovuta, che fu pubblicato a Madrid nel dicembre del 1933, e che ancora oggi – come illustra Valerio Nardoni, curatore e autore della prefazione per Passigli Editori rappresenta uno dei vertici della lirica amorosa di tutti i tempi.

Katherine ritornò in Massachusetts, prendendo la cattedra di letteratura spagnola allo Smith College. Nel 1939 sposò Brewer Whitmore, un altro professore. 

Specializzata nella letteratura della Generazione del ’27, continuò, per il resto della sua vita, a insegnare ai suoi studenti le poesie scritte da Pedro Salinas per lei

 

Trasformare tutto in forse,

in puro caso, sognandolo.

Così, quando negherà

quello che allora mi disse,

non mi addenterà il dolore

di aver perduto una gioia

che io tenni tra le braccia,

come fosse stato un corpo.

Crederò di aver sognato.

Che tutto ciò, così vero,

non ebbe corpo, né nome.

Che perdo

un’ombra, un altro sogno.

 

La voce a te dovuta di Pedro Salinas

La frase “palpito contro numero” racchiude l’essenza profonda della lirica saliniana. Si tratta della tensione costante tra vitalità e ordine prestabilito, tra il libero pulsare del sangue nelle vene e lo scorrere delle lancette dell’orologio che vorrebbe ridurre il tutto ad una sequenza ordinata. 

È la cifra di una poesia che rifiuta di essere imprigionata nei meccanismi annichilenti della routine quotidiana per aprirsi invece a quella “umanissima aspirazione d’assoluto” che attraversa l’intera opera.

In un continuo gioco di presenze e assenze, di materialità e astrazione, il libro si articola in quattro movimenti principali: l’alegría dell’incontro, l’afán del tentativo di mantenere unita l’immagine dell’amata, l’ausencia che genera una riflessione sul peso della corporeità, e infine l’sombra che chiude e riapre il grande cerchio dell’opera. 

In questo percorso, figure come il bacio si trasformano continuamente, dall’istinto amoroso che nomina il mondo nuovo fino alla memoria smaterializzata del desiderio inappagato.

 

No, non lasciate chiuse

le porte della notte,

del fulmine, del vento,

di ciò che mai si è visto.

Restino sempre aperte,

loro, le conosciute.

E tutte, quelle ignote,

che danno

su quei lunghi sentieri

non tracciati, nell’aria,

sulle rotte che cercano

di aprirsi un proprio varco

con un volere oscuro,

non ancora trovato

nei punti cardinali.

Mettete alti segnali,

meraviglie ed astri;

che si veda ben chiaro

che è qui, che tutto sta

fremendo per riceverla.

Perché lei può arrivare.

Oggi o domani, oppure

fra mille anni, o il giorno

penultimo del mondo.

E tutto

deve esser così liscio

come la lunga attesa.

Anche se so che è inutile.

Che è un gioco mio, tutto,

attenderla così

come un soffio o una brezza,

col timore che inciampi.

Perché quando verrà,

scatenata, implacabile

per arrivare a me,

muraglie, nomi, tempi,

cadranno tutti a pezzi,

demoliti, trafitti

irresistibilmente

dalla grande bufera

del suo amore, ormai presenza.

 

****

 

Sì, di là dalla gente

ti cerco.

Non nel tuo nome, se lo dicono,

non nel tuo ritratto, se lo dipingono.

Oltre, oltre, più in là.

Di là da te ti cerco.

Non nel tuo specchio, nella tua scrittura,

e non nell’anima.

Oltre, più in là.

Anche oltre, molto al di là

da me ti cerco. Tu non sei

quel che io sento di te.

Non sei

quel che mi sta palpitando

con sangue mio nelle vene,

senza esser me.

Oltre, più in là ti cerco.

E per trovarti, smettere

di vivere in te, e in me,

e negli altri.

Vivere ormai di là da tutto,

all’altro lato di tutto

– per trovarti –,

come se fosse morire.

****

Oh, quante cose perdute

che non si persero mai.

Tutte tu le conservavi.

Minute scaglie di tempo,

disperse un giorno dal vento.

Alfabeti della schiuma,

dispersi un giorno dal mare.

Io per perduti li davo.

E per perdute le nuvole

che avrei voluto fermare

nel cielo

inchiodandole con sguardi.

E l’allegria alta

dell’amare, e l’angoscia

di amare ancor troppo poco,

e l’ansia

di amare, di amarti, ancora.

Tutto per perduto, tutto

nell’essere stato prima,

nel non essere ormai più.

E allora arrivasti tu

dal buio, illuminata

di giovane calma saggia,

leggera, che non gravava

sulla tua vita sottile,

sulle tue spalle scoperte,

il passato che portavi,

tu, così giovane, a me.

Quando ti guardai nei baci

vergini che tu mi desti,

i tempi e le schiume,

le nubi e gli amori

perduti furono salvi.

Se eran fuggiti da me

non fu per andarsene a morire

nel nulla.

In te vivevano ancora.

Quel che io chiamavo oblio

eri tu.

****

 

Affanno

per non separarmi

da te, la tua bellezza.

Lotta

per non restare qui dove vuoi tu:

negli alfabeti,

nelle aurore, sulle labbra.

Ansia

di lasciarsi alle spalle

vestiti, aneddoti e carezze,

di arrivare

attraversando tutto

quello che cambia in te,

al nudo e al duraturo.

E mentre vanno avanti

a fare giravolte, consegnandosi,

ingannandosi,

i tuoi volti, i tuoi capricci e i tuoi baci,

le tue volubili delizie, i rapidi

tuoi contatti col mondo,

aver raggiunto io

il centro puro, immobile, di te.

E vederti cambiare

– e vivere lo chiami –

in tutto, in tutto, sì,

eccetto in me, dove ti sopravvivi.

 

Tutte le poesie che hai letto puoi trovarle nella raccolta di poesie d’amore di Pedro Salinas La voce a te dovuta

 

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Il libro

Voce a te dovuta – Pedro Salinas |Passigli Editori
Passigli Poesia

Pedro Salinas

La voce a te dovuta

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