Eliza Macadan, In ginocchio fino all’arcobaleno – Le muse inquiete, 10 dicembre 2020, di Marco Conti

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Non credo tuttavia che l’ultimo libro di Eliza Macadan sia l’avvio ad una poesia di segno diverso, appesa al sapere filosofico. “In ginocchio fino all’arcobaleno” enumera un’assenza, riepiloga un desiderio della storia d’Occidente, ma restituisce l’immanenza con il vuoto e la stoltezza della storia. In “svendo tutti i miei gioielli”, il verso pare divagare rendendoci viceversa le suggestioni dell’idifferenza del secolo ora abbordando una lotta politica, ora la sicumera del potere: «nei cuori icone centenarie / mi guardano consolatorie / a parigi sparano in fronte / i protestatari cina russia e stati / uniti si contendono il polo nord / sulla calotta aspettano pronti per prendere / un posto comodo sul letto / di procuste del mondo / un posto per guardare come / si sprofonda insieme nell’odio».

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