Guerra in Val d’Orcia
Diario di Guerra 1943-1944
Iris Origo
Biblioteca Passigli
Durante la Seconda guerra mondiale, “La Foce”, la tenuta di Iris e Antonio Origo in Val d’Orcia, divenne asilo generoso dapprima per i bambini sfollati di alcune città italiane, poi per i prigionieri inglesi, assegnati per lavoro alla loro fattoria, e infine, dopo l’8 settembre 1943, per tutti coloro che si trovavano a vagare dispersi per le campagne: soldati di ogni nazione, ebrei, intere famiglie sfollate. Le pagine di questo diario, tenuto da Iris Origo dal gennaio 1943 al luglio 1944, ci restituiscono giorno dopo giorno questo tragico periodo della nostra storia, dalla crisi e caduta del Fascismo alla guerra civile e al passaggio del fronte, culminando con il racconto della drammatica marcia dei bambini verso Montepulciano in cerca della salvezza, in attesa dell’arrivo delle truppe alleate. «Siamo stati visitati dalla distruzione e dalla morte», commenta l’autrice in chiusura del diario, «ma ora c’è una speranza
nell’aria». Pubblicato dapprima in Inghilterra con una prefazione di Denis Mack Smith e poi in Italia con lo scritto di Piero Calamandrei riportato qui in appendice, questo diario divenne subito famoso per l’immediatezza del racconto e la profondità con cui vengono esaminati gli eventi del periodo più tragico della nostra storia recente.
Dopo una infanzia trascorsa tra Inghilterra, Irlanda, Stati Uniti e in Italia a Fiesole nella Villa Medici, Iris Origo (Birdlip, Inghilterra, 1902 – La Foce, 1988), erede di grandi filantropi americani e di una famiglia dell’aristocrazia irlandese, scelse di vivere tra Roma e la Val d’Orcia. Forse nessuno meglio di Iris Origo impersona il legame che ha sempre unito un certo mondo anglosassone all’Italia. Tutta la sua opera letteraria ne è testimonianza: da "Il mercante di Prato" alle biografie dedicate a Leopardi e al soggiorno italiano di Byron, sino alle opere autobiografiche che ne hanno consolidato la fama: "Immagini e ombre" e, in particolare, i diari di "Un brivido nell’aria" e di "Guerra in Val d’Orcia". Di quel particolare mondo anglosassone, è stato testimonianza anche il suo impegno a fianco del marito, il Marchese Antonio Origo, per la trasformazione economica e l’elevazione sociale della Val d’Orcia, cui entrambi si dedicarono per mezzo secolo recuperando la loro residenza, “La Foce”, e tutta la valle da uno stato di secolare abbandono.