James Joyce e il presente
Hermann Broch
Le Occasioni
Il 2 febbraio del 1922, quarantesimo compleanno di James Joyce, l’amica libraia e editrice Sylvia Beach gli consegnava le prime copie di "Ulysses", il romanzo che lo aveva tenuto impegnato per diversi anni e che aveva incontrato non poche tribolazioni per essere pubblicato, a causa della censura. Questo romanzo fu in qualche modo concepito fin da subito come uno spartiacque nella narrativa contemporanea, e tra i primi a rendersene conto fu lo scrittore austriaco Hermann Broch, che dieci anni più tardi, in occasione del cinquantesimo compleanno del grande scrittore irlandese, gli dedicò una conferenza che divenne poi nel 1936, opportunamente integrata, il saggio "James Joyce e il presente". Broch è tra i primi a capire che la complessità della narrativa di "Ulisse" non deriva da meri espedienti stilistici, ma sta alla base di una coerente ricerca espressiva che ricapitola e sintetizza un’epoca intera: la psicanalisi freudiana (che pure Joyce avversava), la relatività einsteiniana, la nuova musica, le arti delle avanguardie. Da questo punto di vista, Joyce con il suo "Ulisse" rappresentava un modello anche per lo scrittore austriaco, perché – come possiamo leggere nella prefazione di Luigi Forte che accompagna questa nostra edizione – «il suo omaggio a Joyce è in realtà una profonda e potenzialmente innovativa riflessione sul proprio percorso», e non a caso «le sue riflessioni sull’"Ulisse" sottolineano una serie di prospettive al centro della sua stessa poetica: l’idea di letteratura in generale come strumento gnoseologico in grado di riconnettere un universo frammentato e il concetto di totalità che sembra essere il fine ultimo della creazione artistica, grazie a cui l’arte diventa specchio dello spirito universale di un’epoca».
Hermann Broch (Vienna, 1886 – New Haven, 1951) proveniva da una famiglia di ebrei protestanti. Il padre era un affermato industriale che produceva tende e tessuti per arredamenti, e per un certo periodo anche Hermann fu impegnato nella fabbrica di famiglia, fino a sostituire il padre alla conduzione dell’azienda, quando questi si ammalò e poi, nel 1927, morì. Broch allora vendette l’azienda e cominciò a studiare matematica, filosofia e psicologia all’università di Vienna, frequentando scrittori come Robert Musil, Elias Canetti, Leo Perutz e altri. Il suo primo romanzo, la trilogia narrativa "I sonnambuli", apparve nel 1931-32, seguito due anni dopo da "L’incognita". Nel 1938, dopo un periodo di prigionia nelle carceri naziste, emigrò negli Stati Uniti, dove ottenne la cittadinanza americana e una cattedra di tedesco all’università di Yale. Del 1945 è il suo capolavoro, uno dei libri più importanti della narrativa del Novecento, "La morte di Virgilio". Tra le altre sue opere, ricordiamo i romanzi "Gli incolpevoli", il dramma "Perché non sanno quel che fanno" e diversi saggi di grande rilievo, come "Hofmannsthal e il suo tempo" e "Il Male nel sistema di valori dell’arte".