Irfan Orga su Repubblica

Lessico familiare a Istanbul.

Sappiamo, più o meno, come eravamo. Sappiamo poco come erano: come erano i nostri vicini, le culture che si sono sviluppate, si sono agitate e si sono trasformate alle porte di un’Europa e di un Occidente spesso troppo indifferenti ed impermeabili a conoscere quello che gli altri sono, sentono, vivono, a come gli altri hanno attraversato, dal lato opposto delle frontiere, le stesse tragedie collettive, le guerre, il passaggio da un tipo di società all’altra. Una famiglia turca spalanca, con la semplicità di un memoir non sofisticato e precisione di dettagli, un mondo perduto, radicato alle spalle e alla fonte delle contraddizioni, dei tormenti, dei problemi di quella moderna Turchia che stiamo imparando a conoscere attraverso il suo cinema e il provvidenziale Nobel a Orhan Pamuk. Una famiglia turca venne scritto da Orga, all’epoca esule in Gran Bretagna, direttamente in inglese e venne pubblicato per la prima volta negli anni cinquanta in Inghilterra e negli Stati Uniti, dov’è diventato celebre assieme al suo autore, che di libri ne ha scritti molti altri, compresi alcuni classici sulla cucina turca. L’edizione italiana (Passigli Editori) è accompagnata da una postfazione a firma di Ates Orga, figlio di Irfan, che è la cornice struggente e tenera al memoir del padre: perché la storia dello splendore e della decadenza della famiglia di Irfan, il lungo e affascinante resoconto di una splendida infanzia felice, a poco a poco, nel lento decadere della borghesia turca e con l’arrivo della Grande Guerra, diventa prima una giovinezza tragica e poi una maturità piena di problemi e drammi, quindi culmina in un esilio britannico –per amore- che corrode e pesa sulle vite di tutti. Il piccolo Irfan, dunque, è il figlio di una grande famiglia altoborghese di Istanbul negli ultimi anni dell’Impero Ottomano. Ha due genitori giovanissimi che si amano, una grande e bella casa, due fratellini. Ma il padre parte per la guerra e ci muore, terribilmente. La giovane madre, chiusa nel suo dolore, si dà da fare come può per mantenere la famiglia dopo una serie di disgrazie. La nonna, matriarca terribile e prepotente, un po’ la combatte un po’ l’asseconda. E attorno, nel clima delle retrovie della guerra, assistiamo a scontri e violenze. Quando la casa di famiglia viene bruciata, in una tragica notte di terrore che Orga descrive con una sapienza straordinaria, gli Orga si riducono a vivere in un appartamentino in una zona povera della città. Attorno, il mondo in fermento della fine dell’impero, i gruppi etnici che si scontrano (e qui l’autore si lascia sfuggire, su ebrei, curdi e armeni, qualche aggettivo politicamente scorretto ma che riflette, con la stessa precisione delle altre descrizioni, il sentimento dell’epoca dello scrittore), l’arrivo in scena di Kemal Atatürk, la nuova repubblica, i fez che scompaiono, i veli gettati alle ortiche. Ancora durante la guerra Irfan e suo fratello vengono spediti in un collegio militare; ne escono per entrare nell’esercito di una nuova e diversa Turchia. Non così diversa però da non rendere la vita impossibile a Irfan quando si innamora di una signora inglese in attesa di divorzio, incinta di Ates. E’ la ragione dell’esilio di Irfan in Inghilterra, che tuttavia -pur più tollerante- non sarà molto generosa con lui. La postfazione di Ates, piena di pietas e devozione filiale, diventa così il complemento necessario a questa storia: che comincia ai confini orientali dell’Europa, in un altro remoto mondo, e si chiude vicino a noi, attraverso un vorticoso arco di tempo, di costumi, di sentimenti, tragedie e culture.

Irene Bignardi.