Fernando Pessoa

Il banchiere anarchico

2008, pp 96
ISBN: 9788836818136

9,50 

Sinossi

Apparso nel 1922 sulla rivista «Contemporanea», il racconto “Il banchiere anarchico” è giustamente considerato fra le prose più acute e ammirevoli del grande scrittore portoghese. Si tratta del dialogo fra due uomini, uno dei quali, il banchiere, racconta come e perché sia divenuto anarchico; e l’altro, il suo interlocutore, resta come stupefatto di fronte a quella professione di fede, così strana e innaturale in un individuo descritto come ricchissimo e grande monopolista. Se da un lato nel racconto è evidente il gusto di Pessoa per il paradosso sottile, qui incarnato dalla figura di questo ‘libertario’ banchiere, dall’altro l’anno della sua pubblicazione non può non fare pensare a un’epoca stretta fra divergenti ideologie che avrebbero determinato grandi e tragici rivolgimenti sociali. E forse non c’è solo il gusto del paradosso e dell’invenzione narrativa: infatti l’anarchismo del banchiere – distante com’è sia dal collettivismo di Kropotkin sia dal rivoluzionarismo di Bakunin – arriva a configurarsi soprattutto come estremo anarchismo individualista, e in tal modo non così agli antipodi del pensiero dello stesso Pessoa, che scrisse fra l’altro che quello di «creatore di anarchie mi è sempre parso il degno compito di un intellettuale».

 

 

«Avevamo finito di cenare. Davanti a me il mio amico, il banchiere, grande commerciante e monopolista ragguardevole, fumava come chi non ha pensieri. La conversazione, che era andata spegnendosi, giaceva ormai morta tra di noi. Cercai di rianimarla, a caso, servendomi di un’idea che mi passò per la mente. Sorridendo, mi rivolsi a lui:
«Pensi: alcuni giorni fa mi hanno detto che lei un tempo è stato anarchico…».
«Non è che lo sono stato: lo sono stato e lo sono. Non sono cambiato a questo riguardo. Sono anarchico».
«Questa è buona! Lei anarchico. E in che cosa lei è anarchico?… A meno che non voglia attribuire alla parola un senso differente…».
«Dal comune? No, non glielo attribuisco. Uso la parola nel senso comune».
«Allora lei vuol dire che è anarchico esattamente nello stesso modo in cui è anarchica quella gente delle organizzazioni operaie! Che allora tra lei e quella gente delle bombe e dei sindacati non c’è nessuna differenza…».
«Differenza, differenza, c’è… È chiaro che c’è differenza. Ma non è quella che pensa lei. Ritiene forse che le mie teorie sociali siano uguali alle loro?…».
«Ah, ora capisco! Lei in teoria è anarchico, nella pratica…».
«Nella pratica sono tanto anarchico quanto lo sono nella teoria. E quanto alla pratica sono più anarchico, molto di più, di quella gente di cui lei ha parlato. Lo dimostra tutta la mia vita»…

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