Philip Kerr su l’Unità

Il nazismo? Un prisma dai mille volti.”

Philip Kerr è uno scrittore edimburghese, classe 1956, che vive a Wimbledon, nei pressi di Londra. Ha scritto molti thriller e in Italia è conosciuto soprattutto per una trilogia, la “Trilogia berlinese”, che comprende i romanzi Violette di marzo, Il criminale pallido e Un requiem tedesco. La trilogia, per gli amanti dell’iconoclasta detective Bernie Gunther, ha adesso una quarta puntata, l’Uno dall’altro (Passigli, 372 pagine, 19,50 euro) ma in verità le puntate saranno sei e saranno pubblicate in Italia nei prossimi anni. Incontriamo Philip Kerr in una saletta color porpora dell’Albergo d’Inghilterra a Roma; a farci da interprete è il senatore Stefano Passigli, che per un’oretta dismette i panni dell’editore e dell’uomo politico.

Signor Kerr, lei è famoso come autore di thriller. Esiste, secondo lei, una differenza tra letteratura e fiction?
Non vedo differenza. Se un libro sopravvive, allora è grande letteratura.

Lei è scozzese, anche se vive a Londra da molti anni. Come mai ha questa ossessione per l’epoca nazista?
Ho fatto gli studi in Germania. Ho studiato la giurisprudenza tedesca e la sua filosofia del diritto, e questo mi ha portato a conoscere lo spirito tedesco.

Un po’ poco, non crede?
Guardi, noi scozzesi siamo molto curiosi intellettualmente, anzi abbiamo una grande fiducia in noi stessi, e crediamo di poter capire sempre tutto.

E ha capito qualcosa in più del nazismo?
Forse avrei dovuto essere più cauto nell’affrontare un’epoca così complessa. Però sono scozzese e quindi ho rischiato. Ma giova raccontare un’epoca storica da una certa distanza.

Lei scrive romanzi sempre molto corposi. Le costa fatica scrivere, oppure è un piacere?
E’ sempre un piacere. Non capisco gli scrittori che dicono di non amare la scrittura. Guardi, io sono fortunato perché mi pagano per fare un lavoro che amo fare.

Quali sono i suoi grandi maestri?
Dickens, Woodehouse e Chandler.

Cos’è per lei lo stile?
Se uno scrittore racconta un uomo seduto in una stanza, non basta raccontarlo una sola volta, ma bisogna farlo più volte, e provare a cogliere nuove sfumature, nuovi particolari. Questo è lo stile.

Cosa vuole dai suoi lettori: la commozione, la crescita morale o l’ipnosi narrativa?
Intrattenerlo e basta, ma lo scrittore vuole anche imparare qualcosa, leggendo.

E’ per questo che nei suoi romanzi c’è sempre una sapienza enciclopedica?
Probabilmente sì.

Le piace intrattenere il pubblico?
Nella buona letteratura l’intrattenimento è una necessità.

La “Trilogia berlinese” è diventata una saga di sei libri. Cosa aggiunge ogni libro a questo attraversamento dell’epoca nazista?
E’ come un diamante che ha tante facce che riflettono le altre. Si potrebbe andare avanti a lungo.

Andrea Di Consoli, l’Unità 18-7-2008.