«Provocare il piacere di essere letta». La poesia secondo Passigli
Intervista sulla poesia a Fabrizio Dall’Aglio. Il Giornale della Libreria, 12 luglio 2017.
di Alessandra Rotondo
Una collana di poesia fondata da Mario Luzi e dedicata ai grandi poeti stranieri del Novecento, Opere di Neruda e Opere di Pessoa, lampi poetici anche ne Le Occasioni. Come nasce e come si articola l’offerta poetica della casa editrice?
Negli anni il nostro sforzo è stato soprattutto in queste due direzioni, da un lato autori come Neruda, Pessoa, Lorca, Rilke, Kavafis, Salinas, Eluard, Majakovskij… dall’altro la proposta di nuovi libri di poesia italiana, partendo naturalmente dai poeti che Luzi via via ci segnalava.
Anche all’inizio non mancavano importanti voci straniere più contemporanee, come lo svedese Lars Forssell e l’americano James Dickey, ma queste inserzioni restavano alquanto sporadiche, così che negli ultimi tempi abbiamo soprattutto tentato di riequilibrare un po’ questa presenza, con opere di poeti come Claudio Rodríguez, Andrés Sanchez Robayna, Rita Dove, Laureano Albán, Clara Janés, Adonis…
Una diffusissima ignoranza che motiva, almeno in parte, le esigue dimensioni del mercato di settore, oggi. Eppure negli ultimi anni la poesia ha mostrato andamenti meno negativi della media. Anche, forse, grazie ai nuovi canali di comunicazione e promozione percorsi da autori ed editori.
D’altra parte, un tempo i poeti riconosciuti più grandi erano i primi a cui veniva chiesta una testimonianza; oggi sono stati sostituiti da chi è ben più popolare di loro, pare non importare più a nessuno che quella popolarità corrisponda o meno a una qualche autorità culturale, il maïtre-à-penser è stato sostituito dal prêt-à-penser, che magari pensa poco, ma è pronto a tutti gli usi.
Comunque sia, per un editore come noi, la poesia ha sempre avuto importanza, ma ci obbliga ogni volta a fare salti mortali per poter far quadrare i conti; se fosse solo per le vendite in libreria di questi libri, e nonostante lo sforzo di non pochi librai, la situazione sarebbe assai sconfortante, sono pochissimi i poeti che hanno un mercato un po’ meno limitato: tra i nostri, Neruda, certamente, ma pochissimi altri. E il rischio per un editore è quello di finire per pubblicare solo quegli autori già ben conosciuti e tali da raggiungere un pubblico di lettori un po’ più vasto.
Dove guarda la poesia contemporanea, italiana e straniera? Il conferimento del premio Nobel a Bob Dylan segna il cammino?
Quanto alle tendenze della poesia contemporanea, sono molto diverse a seconda dei diversi Paesi, non credo si possa fare un discorso generale; la poesia ha a che fare con la lingua in maniera sostanziale, e la lingua non è un semplice contenitore che si può spostare a nostro piacimento, i traduttori lo sanno bene. Naturalmente, ossequiare gli imperi dominanti è sempre stato di moda. Ma anche se volessimo limitarci all’Italia, parlare di tendenze secondo me non ha molto senso, ce ne sono tante e probabilmente troppe. Quello che io continuo ad augurarmi è che i poeti maturino una consapevolezza sempre maggiore su cosa una poesia deve essere, bello o brutto che sia poi il risultato: e cioè una forma artistica della lingua che, come tale, sa provocare il piacere di essere letta. E non solo dal suo autore.