Il Sessantotto: un libro per scoprire le voci il PCI durante la contestazione giovanile
Che cosa pensavano i contemporanei del Sessantotto? Cosa si diceva dei giovani e delle giovani che, più di 50 anni fa, volevano rivoluzionare la società, modificando valori tradizionali, ruoli sociali e orientamenti politici? E cosa scrivevano, in presa diretta, l’allora segretario del Partito comunista italiano, Luigi Longo, e Giorgio Amendola, figlio del leader liberale Giovanni, vittima del fascismo?
Nella collana Strumenti Passigli – un utile strumento per comprendere i problemi del nostro tempo – abbiamo pubblicato un libro che raccoglie le riflessioni di due dei protagonisti del Novecento italiano: Il Sessantotto. Il confronto tra PCI e movimento studentesco.
Il volume è ricco di spunti e vanta la prefazione di Gianni Cuperlo, ultimo segretario della Federazione Giovanile del PCI (FGCI) e forse il più fine intellettuale tra i dirigenti dell’attuale Partito Democratico.
Approfondiamo insieme!
Che cosa è successo nel ’68? Tutto!
Il movimento del ‘68 in Italia ha portato con sé tumultuosi di cambiamenti sociali che hanno coinvolto studenti, lavoratori, intellettuali e altri settori della società.
Come in molti altri paesi occidentali, il Sessantotto italiano è stato caratterizzato da una serie di rivendicazioni sociali, politiche e culturali; per larghi tratti inedite e portare avanti per mezzo di ripetute e appariscenti occupazioni delle sedi universitarie, dal nord al centro-sud del paese.
Gli studenti e le studentesse dell’università, ispirati da movimenti simili in Francia e altrove, iniziarono infatti a protestare contro il sistema educativo, anche in modo estremamente creativo, criticando l’autoritarismo accademico, la mancanza di democrazia interna e la scarsa rilevanza sociale dei programmi di studio.
La voce di studenti e studentesse – non sempre ben compresa, né ascoltata – si policizzò presto, coinvolgendo anche il governo e le istituzioni tradizionali, sullo sfondo di un’articolata e più generale denuncia delle storture del capitalismo.
Da lì emersero nuove forme di espressione culturale, nonché i primi segnali di movimento femminista che chiedeva, per le donne, pari diritti e maggiore autonomia.
La posizione di Longo nel tempo della contestazione
In questo quadro, Luigi Longo, allora segretario del PCI, prese atto della forza del ’68 in Italia con un articolo pubblicato su Rinascita, la rivista teorica e politica del partito comunista.
E scrisse: “Nessuno può negare l’ampiezza e la profondità del movimento studentesco in Italia”.
Secondo Longo, gli interrogativi sollevati da un inedito moto giovanile in grado di contestare l’ordinamento e l’orientamento degli studi, così come i programmi e i metodi di insegnamento, andava preso sul serio e non potevano né essere ignorati né essere considerati “problemi di categoria”.
Al contrario, ciò che i giovani facevano investiva i “problemi più generali della società” ed era quindi parte integrante di una più ampia messa in discussione dei meccanismi di potere esistenti, cioè di “momenti di lotta contro l’autoritarismo scolastico e capitalistico, per la costruzione di una nuova società e la creazione di nuovi rapporti tra la società e la scienza, la cultura, l’arte”.
Scrisse l’allora segretario del PCI: “L’Università ha offerto, in questi mesi, un vasto campo di confronti vivaci ed appassionati di idee e di posizioni le più varie. Il movimento studentesco, con la sua azione rivendicativa nel quadro degli ordinamenti universitari e con i suoi dibattiti, ha posto all’ordine del giorno un certo tipo di lotta contro il sistema e una serie di problemi di strategia e di tattica”.
Il movimento studentesco del 68, e più in generale della contestazione del 68, per Longo doveva quindi spingere il Partito comunista italiano ad aprirsi al dialogo e al confronto serrato, abbandonando “una difesa rigida, muro contro muro”.
Trovare il legame tra le rivendicazioni studentesche, da un lato, e “i problemi del movimento operaio e popolare anticapitalistico”, dall’altro, avrebbe infatti consentito ai comunisti di valorizzare nuove energie, mettendosi alla testa del cambiamento politico.
Lo scetticismo di Amendola di fronte al Sessantotto
Giorgio Amendola, invece, rispondendo a Longo sempre su Rinascita, non negò i caratteri innovativi della dirompente spinta del movimento studentesco, ma polemizzò schiettamente con Longo laddove, a suo giudizio, quest’ultimo sembrava dare un eccessivo credito all’ala più radicale della contestazione, rischiando così di logorare il PCI e di legittimare le critiche politiche che il partito aveva ricevuto.
Interpretando sensibilità assai diffuse all’interno della Direzione del partito, Amendola diede una lettura sostanzialmente negativa del fenomeno, evidenziando i caratteri che, a suo giudizio, erano non solo velleitari ma anche estremisti e dannosi per la centralità della classe operaia e per le sue rivendicazioni.
Scrisse così della necessità di intraprendere una “lotta su due fronti”, e cioè “contro l’opportunismo socialdemocratico e contro il settarismo, lo schematismo e l’estremismo”.
In altre parole, dati i rapporti di forza interni e internazionali del contesto italiano, il PCI doveva resistere alla tentazione di spostarsi a destra, sconfinando nell’opzione socialdemocratica e rinunciando alle sue proposte di rinnovamento.
Allo stesso tempo, però, doveva anche evitare il pericolo di scivolare a sinistra legittimando “una pretesa iniziativa rivoluzionaria che spetterebbe al movimento studentesco, di fronte alla presunta integrazione nel sistema della classe operaia”.
Scrisse Amendola, tra i massimi dirigenti del PCI:
“V’é una funzione egemone della classe operaia nelle lotte per il socialismo, che le assegna il compito di dare unità e disciplina a tutte le forze che, premute da esigenze obiettive, si muovono verso il socialismo. V’è una funzione che spetta, storicamente, al partito comunista, per quello che esso ha fatto e per quello che esso rappresenta. Dobbiamo, perciò, contrastare, con un discorso fermo, le posizioni ideologiche e politiche che possono dividere gli studenti dai lavoratori”.
Un libro sul Sessantotto per ripercorrere un pezzo di storia d’Italia
In un contesto segnato da un’accesa conflittualità politica, dal risorgere del neofascismo e dallo slancio riformista dei partiti e dei movimenti più avanzati, il 68 italiano innescò – nell’ambito di una stagione dura e difficile per il paese – un processo di rinnovamento della società italiana, influenzando le politiche, la cultura e la coscienza sociale del paese.
Oggi, proprio mentre il protagonismo (e l’antagonismo) giovanile è tornato al centro dell’agenda pubblica e politica, specialmente sul tema del cambiamento climatico, può quindi essere utile ricostruire quegli anni, gli anni del dissenso e della contestazione.
Il volume proposto, perciò, può fornire un contributo prezioso per capire che cosa fu il Sessantotto.
Inoltre, può aiutare lettori e lettrici a comprendere come reagì la maggiore forza di opposizione del tempo, appunto il PCI, e soprattutto, dentro uno snodo importante della storia italiana, che cosa contestavano gli studenti del 1968.
Per queste ragioni abbiamo arricchito il nostro catalogo pubblicando, nella collana “strumenti Passigli”, Il Sessantotto. Il confronto tra PCI e movimento studentesco, facilmente acquistabile anche in versione E-book.