L’amore che non è mai banale.
Le poesie d’amore di Boris Pasternak

«È banale la parola amore, hai ragione». Così si chiude una delle ultime liriche di Boris Pasternak, poeta tra i protagonisti indiscussi della poesia russa del Novecento. 

Nell’antologia pubblicata da Passigli Editori, Anch’io ho conosciuto l’amore. Poesie 1913-1956, emerge subito un paradosso che, come sottolinea Marilena Rea nella prefazione, non è affatto superficiale: Pasternak sapeva bene che le parole, logorate dal loro uso quotidiano, rischiano di perdere senso. 

Parlare d’amore, per lui, significava muoversi come sotto un microscopio, cogliere i dettagli minuscoli che rivelano l’essenza della vita: un bouquet di violette, un naso arricciato, uno sguardo che corre verso il soffitto, una mano posata sulla nuca. 

Sono piccolezze che diventano rivelazioni di un mistero universale, perché in Pasternak ogni uomo è un microcosmo in cui risuonano paronomasie infinite – “cure, caro, caso, caos, cosmo” – e l’innamorato si trasforma in un “dio disadattato” che smuove le forze primordiali dell’universo, come quasi fosse uno sciamano che dà voce alla natura stessa. 

Nelle sue poesie d’amore, la tradizione russa dialoga con i grandi classici: il Cantico dei Cantici, la lirica oraziana, i topoi stilnovistici, Shakespeare, Byron, Poe e persino Dante, diventando parte di quel suo universo, in cui la vita privata e l’arte si fondono. Le immagini dell’amata diventano metafore della passione: l’usignolo, la rincorsa di due gocce d’acqua, il bosco umido, un vitalismo che toccherà un’altra opera celebre dell’autore: Mia sorella, la vita

Così, l’amore nelle poesie di Pasternak non è mai banale: è esperienza e corpo, natura e spiritualità: è la capacità di trasformare la fragilità in rivelazione e la parola logorata in nuova vita. 

Nella lettera del 17 gennaio 1953 all’amica Nina Tabidze, dopo una notte trascorsa in ospedale, Pasternak scriveva: «Signore – sussurravo – ti ringrazio perché hai sparso colori così densi, perché mi hai fatto artista, perché tutta la vita mi hai preparato a questa notte», parole che condensano il cuore pulsante delle sue poesie e spiegano perché, ancora oggi, leggere Pasternak significhi immergersi in una poesia che fonde sentimento e universo, vita e arte, con una freschezza capace di parlare a ogni generazione.

 

****

 

Non come servo, non asfissiante,

non di continuo – forse in tutto due volte

ti ho supplicato: articolatamente

scandisci parole di poeta.

Neppure tu sopporti gli intrugli

di lagne servili e confessioni.

Ma come puoi volere la mia felicità?

Come faresti a mangiare il sale della terra?

 

****

 

DA UN POEMA

(Due frammenti)

 

Anch’io ho conosciuto l’amore, e l’affanno

dell’insonnia la mattina presto

che dal parco cala nel fossato, e al buio

galleggia sull’arcipelago

delle distese annegate nella nebbia filamentosa:

assenzio e menta e quaglie.

E là pesa d’adorazione lo slancio,

s’inebria come ala abrasa dai pallini,

stramazza nell’aria, e cade in un vortice,

e si adagia quale rugiada sui campi.

 

E lì anche l’alba s’infiamma. Fino alle due

sfavillano gli ori del cielo smisurato,

ma ecco i galli cominciano a temere

le tenebre e si affannano a celare il terrore,

ma nelle gole detonano mine innocue

e per gli sforzi risuona in falsetto la paura,

si sfocano le costellazioni, e appare il pastore

con l’aspetto di un lampionario sconvolto,

che quasi sembra fatto apposta.

 

Anch’io ho conosciuto l’amore, e magari lei

è ancora viva, chissà. Il tempo passerà

e qualcosa di grande come l’autunno, una volta

(non domani, no, forse un altro giorno)

si accenderà sulla vita, come un tramonto

impigliato sul bosco. Sul vuoto di pozze arse

di sete, come rospi. Sul fremito dei passaggi

di lepri, che sfrecciano orecchie nel manto

boschivo del tempo scorso. Sul rumore così simile

alla falsa risacca del passato. Anch’io

ho conosciuto l’amore, e ora lo so: come umida

stoppia deposta dal secolo sull’altare dell’anno,

così a ogni cuore reca amore

la novità febbrile al capezzale del mondo.

 

Anch’io ho conosciuto l’amore, e lei è ancora viva.

Come allora, quando rotolavano la mattina presto,

sono rimasti i tempi, già declinati oltre il muro

dell’istante. Come allora, è sottile il confine.

Come prima, il lontano sembra poco fa.

Come prima, defluito dai volti dei testimoni,

folleggia il passato, fingendo di non sapere

che non abita più in mezzo a noi.

Ma come è possibile? Allora vorrebbe dire

che per tutta la vita fugge e non dura

l’amore, tributo momentaneo dello stupore?

 

****

 

LE COLLINE DEI PASSERI

 

Seno irrorato di baci, zampilli di fontana!

Non è per sempre, non è infinita l’estate.

Non issiamo più una notte dietro l’altra

l’armonica dalla polvere, dal lungo lamento.

 

Ho saputo della vecchiaia. Terribili profezie!

Non ci sarà più una risacca che si tende alle stelle.

Dicono cose da non credere. Prati senz’anima,

stagni senza cuore, pineta senza dio.

 

Scuoti l’anima, dunque! Oggi sfoggiala tutta!

È il mezzogiorno del mondo. Dove sono i tuoi occhi?

I pensieri lassù si fondono alla bianca spuma

di cime, di nubi e pigne, afa e aghi.

 

Qui si fermano le rotaie dei tram cittadini.

Oltre, ci sono solo i pini. Oltre, non si va.

Oltre – è domenica. Fatto spazio tra le fratte,

si spalanca un varco che scivola sull’erba.

 

Che mezzogiorno aperto, Pentecoste, passeggiata,

gli alberi chiedono fiducia: è così che va il mondo.

Forgiato dalle fronde, ispirato al prato,

su noi due, sui nostri calicò, fluisce dalle nubi.

 

****

 

Qui è passata l’unghia segreta del mistero.

– È tardi, ho sonno, rileggerò domattina e capirò.

E finché non farà giorno, nessun altro

potrà toccare l’amata come faccio io.

 

Come ti toccavo, io! Persino con il rame delle labbra

ti toccavo, come le tragedie toccano una sala.

Un bacio era l’estate. Tanto lento, tanto lento,

solo dopo si scatenava il temporale.

 

Bevevo, come gli uccelli. Lento, fino al deliquio.

Le stelle scivolavano nell’esofago piano,

con fremiti strizzavano gli occhi gli usignoli

prosciugando goccia a goccia il firmamento.

 

Ti sono piaciute queste poesie? Puoi trovarle nella raccolta Anch’io ho conosciuto l’amore

 

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Il libro

Anch’io ho conosciuto l’amore – Boris Pasternak |Passigli Editori
Passigli Poesia

Boris Pasternak

Anch’io ho conosciuto l’amore

Poesie 1913-1956
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