Paralleli consolatori
Alfred Kolleritsch
Passigli Poesia
Non sono consolatori questi ‘paralleli’, come gaia non è la ‘scienza’ nietzscheana, ma testimoniano di una lotta condotta con l’arma che sempre più appare la sola consegnata alla solitudine dell’uomo: la parola.
Kolleritsch si muove nell’alveo di una tradizione illustre, europea e mitteleuropea, la cifra della sua poesia è ora alta e remota, ora dimessa e sottomessa alla quotidianità, gronda pensiero e coscienza, materializza l’astratto, rende metafora e mito i reperti della realtà.
Kolleritsch nuota nel mare che fu di Hoffmansthal e Rilke, di Trakl e di Musil, ma anche di Benn e di Pound e, soprattutto, di Celan. L’acutezza dello sguardo speculativo e la consuetudine con il pensiero di Heidegger e di Wittgenstein -e, sempre operante, l’alto magistero di Hölderlin- gli permette di sciogliere, senza residui, il corpo opaco di una fenomenologia a tratti spietata in significanti assoluti, ab-soluti, liberati dalla costrizione del significato ma non dalla responsabilità della nominazione, che è sempre, in poesia, significato ulteriore, viaggio al di là del confine, esplorazione di plaghe disabitate dove il suono della parola si confonde con il suo silenzio: “trovar scampo nella parola, / che vuole divenire carne, / mortale. Le poesie di Kolleritsch sono colpi portati in punta di fioretto da uno schermitore in precario equilibrio su di una stretta balaustra, e ai suoi lati l’abisso, la vertigine del non senso, del nulla. E per questo sa di non poter sbagliare né un passo né un affondo, mentre dal vuoto che lo circonda e lo risucchia lo segue lo sguardo stupito di tutti coloro che l’angoscia ha reso muti, eppure partecipi di quel duello, un pubblico di fantasmi i cui volti sono dolenti maschere policrome, come in un quadro di Ensor: “Da mani infantili / in"collata a strati / carta variopinta, / segno della fedeltà che si assiede. // Devastate le mani, / applaudono”. Mario Specchio
Alfred Kolleritsch è nato nel 1931 in un piccolo villaggio della Stiria meridionale (Austria), nelle immediate vicinanze del castello di Brunnsee, di cui il padre era amministratore. La prima formazione dell’autore avviene negli anni del nazionalsocialismo e le esperienze dell’infanzia sono profondamente segnate da quel sistema educativo rigidamente autoritario e intollerante. Dal 1941 al 1956 studia a Graz, prima al liceo cittadino e quindi all’università, laureandosi in filosofia, storia e filologia germanica. Nel 1964 ottiene il dottorato di ricerca con una dissertazione su Martin Heidegger. All’inizio degli anni Sessanta contribuisce alla fondazione del“Forum Stadtpark” di Graz, la principale istituzione che anima la vita culturale della città stiriana, e dal 1960 dirige la rivista letteraria di fama internazionale “Manuskripte”, intorno alla quale viene a formarsi, con autori quali Peter Handke e Wolfgang Bauer, il cosiddetto “Gruppo di Graz”. È autore di saggi e romanzi; fra questi ultimi sono da citare Die Pfirsichtöter 1972, Die grüne SeiteAllemann 1989 e Der letzte Österreicher 1995. Numerose le raccolte poetiche (Einübung in das Vermeidbare, Augenlust 1986, Zwei Wege, mehr nicht 1993, Die Summe der Tage 2001 ecc.). Tra i vari premi e riconoscimenti si ricordano il Premio Petrarca 1978, il Premio Trakl per la poesia 1987 e il Premio Horst-Bienek per la lirica 2005.