La solitudine del fuoco
Daniele Cavicchia
Passigli Poesia
Con La solitudine del fuoco, Daniele Cavicchia chiude la trilogia iniziata con Dal libro di Micol e proseguita con La signora dell'acqua, una trilogia che aprendosi con la domanda "Dove trovare le parole giuste / per ricomporre la sua immagine / quelle che scrivendo di lei / non periranno nella pagina?", approda nella nuova raccolta ad un'altra non meno incalzante domanda: "Quale parola mi appartiene?". Ma come sempre nella poesia di Cavicchia le domande non possono esaurirsi nelle risposte, dalle risposte invece assumono nuove forme, sempre più dilatandosi. Così, tra le due estremità vitali e simboliche dell'acqua e del fuoco, che si dipartono da un'assenza più forte di qualsiasi presenza (Micol), Cavicchia continua a perseguire la "parola giusta", quella che sa dire ma che sa per prima cosa ascoltare "il miracolo del silenzio"; una parola in cui vorremmo riconoscerci, ma che non potrà mai davvero appartenerci, perché solo nell'altro, in quello che non sappiamo, ha la sua ragione di essere.
"Dove nulla esiste tutto esiste", così recita il primo verso del bellissimo poemetto conclusivo, La mia sposa. Ed è in questa stremata ma anche strenua consapevolezza il punto di arrivo di questa raccolta e, insieme, dell'intera trilogia; là dove, come scrive Dacia Maraini nella prefazione, "il silenzio si innesta come una linfa nuova e fertile nei rami del pensiero". Al di là di quei rami potranno ancora esserci parole, ma c'è, soprattutto, quell' "altro cielo" che custodisce "il segreto del volo", il segreto di Micol.